sabato 27 ottobre 2012

Paolo Maccioni presenta Costanza di Leio

Locandin della presentazione

Veramente il nome reale è dell’autrice è Paola, ma ciò che conta non è il suo nome quanto invece ciò che Paola o Costanza ha fatto fino a questo momento. E devo dire che il suo curriculum è abbastanza denso. Infatti leggiamo nella copertina del suo romanzo che, oltre a dedicare tutta la propria vita alla famiglia e all’insegnamento scolastico, Costanza di Leio è musicista autodidatta ed ha composto musica per l’infanzia e per concerto che hanno avuto pubblica esecuzione. Inoltre ha scritto poesie, fiabe e drammatizzazioni pubblicate in diverse raccolte. Nel 2009 infine si è presentata con questo suo primo romanzo intitolato “ Lontano nel tempo” e sappiamo che un secondo romanzo è quasi pronto per essere diffuso al pubblico.
 Rimaniamo tuttavia su questo primo romanzo e diciamo che già dal titolo possiamo capire che si tratta di una vicenda che appartiene al passato.
Cercheremo di scoprirne i contenuti in questa nostra breve presentazione e cominciamo perciò col dirvi che il racconto ha origine da una tragedia della quale la protagonista ha avuto premonizione mentre assisteva alla sfilata di Sant’Efisio a Cagliari rendendosi conto dell’inspiegabile ritardo di suo figlio e della sua giovane moglie all’appuntamento concordato.
Il romanzo inizia con alcuni passaggi molto toccanti ma ora diciamo qualche cosa di più di questa sua opera.
La presenza di una bambina che la tragedia ha portato in casa di Costanza, è il motivo scatenante dei ricordi che inducono la protagonista del libro a rivivere la sua vita infantile, quando aveva otto o nove anni e trascorreva l’estate nel paese dei nonni.
Nel libro vi sono perciò le storie e i sentimenti di questa bambina proiettata in un mondo che non le appartiene del tutto, ma che la affascina e la interessa e che vorrebbe fare suo come le insegnano le “comareddas”, cioè le compagnette  del paese che lei frequenta quasi con avidità. Il romanzo è quindi la storia di un periodo trascorso dalla bambina nella casa dei nonni in cui incontra un mondo diverso dalle sue abitudini cittadine e perciò da scoprire giorno per giorno. Così la sua zia, il nonno burbero, le sue amiche con le quali condivide le sue ore di libertà, le sue monellerie, le sue disubbidienze, i rimbrotti che prende. La piccola vive queste sue esperienze con la ingenuità della fanciulla immune da qualunque preconcetto e quindi anche a rischio di qualche delusione. E il tutto è condito dal dolce e musicale parlare logudorese. 
Il libro è quindi la sua storia, con anche i risvolti sentimentali che comporta la lontananza per tanto tempo dalla sua famiglia, in particolare dalla madre, che, come vedremo, sarà causa di profondo dolore.
 Ma il romanzo non è soltanto la sua storia. Nel romanzo  è presente tutto il paese, perché la piccola Costanza con i suoi occhi ingenui e infantili vede ciò che accade agli abitanti di quel piccolo centro della Barbagia, ciascuno con il fardello di tragedia che la vita gli ha destinato, ma a volte anche con un briciolo di felicità. Personaggi molteplici e diversi tra loro e dei quali l’autrice del libro ha saputo cogliere alcuni aspetti peculiari che li rende vivi agli occhi del lettore che si immedesima nel suo racconto  mano a mano che  va avanti con la lettura.
Abbiamo visto di cosa tratta il romanzo, ma voglio anche dire qualche cosa sul modo di scrivere della di Leio. Intanto, le parole sono misurate, pertinenti e a volte  dolci e tenere. Se dovessi commentare il libro con una musica direi che è un minuetto, se dovessi raccontarlo con un rumore indicherei un tintinnio di vetri, se pensassi ad un tessuto penserei a un ricamo, una trina, un merletto. Sentite come descrive uno scialle sardo, quello rappresentato nella foto sul retro della copertina del libro:
 … “Vedi? porta sul capo l’antico velo ricamato delle spose, nero, con le lunghe frange di seta intrecciate a formare un traforo. A me quel traforo tutt”intorno al ricamo ha sempre fatto pensare a mani di madre che lo sorreggono premurose.”
“… dal nero del tessuto s'affacciano i fiori fantastici d’un giardino incantato, rossi e variegati come la fiamma viva del fuoco e celesti, come il tenero lino... vedi questi cristalli incastonati che ne accendono lo splendore?... Nel nero del velo c’è tutta la riservatezza umbratile del nostro carattere. .. tu però... guarda bene! Le fronde e le foglie si insinuano tra i fiori, come fa l’acqua smeraldina giocando con le coste sabbiose o a picco sul nostro mare, e frastagliate … E dunque, il nero severo di fondo scompare e il  reticolo di fili d’oro che sfiora appena i petali crea la suggestione  d’una intimità tutta da scoprire.”
E anche quando racconta fatti poco allegri non vi è crudezza nel suo raccontare, come ad esempio quando descrive un rimedio per la malattia della piccola Costanza.
L’autrice ripercorre la vita della bambina facendola sua. Rivede la sua malattia, la sua solitudine. E la piccola affronta la scarsa considerazione della madre con rassegnazione, con la sua esile voce che come può accenna appena a protestare  chiudendo dentro di se quel dolore che non sa esprimere e che la segnerà per il futuro con un solco che aprendole il cuore le lascia una cicatrice profonda.
Ma non c’è posto per il dolore. Non ancora. Questo verrà dopo. Quando la fanciullezza termina e le riflessioni diventano macigni difficili da sopportare.
E allora ecco che nasce questo libro. Una liberazione, uno sfogo, un pianto dimenticato dentro di sé da tanto tempo ed ora ricomparso a tormentare con il suo languore l’anima dell’autrice. La quale esplica le sue pene infantili e le dichiara al pubblico con il quale vuole partecipare il dolore della piccola Costanza.
Un libro di sentimenti sinceri e commoventi che lo rendono difficile da dimenticare.

Nessun commento:

Posta un commento