domenica 9 dicembre 2012

recensione de "La vita apparecchiata" di Costanza di Leio


Paolo Maccioni: Recensione del libro di Costanza di Leio “ La vita apparecchiata”


Iniziamo col dire che Laura, la protagonista del libro, o meglio una delle protagoniste, è una assistente sociale. Sposata, con figli ormai grandi e un marito magistrato.
Nel ritornare da un incontro con una sua vecchia amica, suora Emanuela, con cui aveva condiviso il funerale triste di una loro conoscente sfortunata, subisce un incidente che la costringe in coma su un letto d’ospedale per un periodo di tempo indeterminato sospesa tra la vita e la morte. In questo periodo di tempo, in un lungo altalenarsi di ricordi che le si presentano alla mente confusa dal tremendo incidente subito, Laura ricostruisce la sua vita. Prima infantile,  poi di signorinetta  poi di fidanzata e infine di sposa e madre.
Alla fine della degenza in ospedale, Laura con suo marito che aveva ottenuto un incarico temporaneo a Palermo, decidono di trasferirsi in Sicilia, ma qui il marito viene ucciso dalla criminalità locale e lei ritorna a casa. Ascoltiamo dalla viva voce dell’autrice il brano che costituisce il prologo del libro e in una sola frase riassume il succo del libro, quello cioè che non si dovrebbe mai condizionare con la propria condotta quella dei propri figli.
Certo non possiamo raccontarvi per intero la trama del libro o leggervi tutti gli episodi in esso contenuti perché toglieremo a chi ancora non lo ha letto il piacere di leggerlo e di scoprirlo pagina dopo pagina.
Perciò vorrei appuntare la vostra attenzione su un aspetto importante che emerge dal libro ed è il modo di scrivere di Costanza di Leio, come si firma la nostra amica Paola.
Notiamo infatti che essa ha una notevole facilità di linguaggio ed è un linguaggio trascinante, a volte volutamente aspro e duro, ma a volte dolcissimo e piacevolissimo. E questo ho già avuto occasione di dirlo nel commentare il suo primo libro “ lontano nel tempo”.
Inoltre ha una forte capacità di trasporre sulla carta ciò che osserva, così che certi insignificanti elementi ai quali ciascuno di noi non da alcun peso, vengono invece da lei interpretati e fatti assurgere alla dimensione di fatti importanti.
Ad esempio, leggiamo in un brano come un semplice percorso in un mezzo pubblico affollato di gente, possa essere fonte di una miriade di concetti espressi con parole semplici e garbate. E’ evidente perciò che, con questa proprietà di linguaggio, l’autrice di questo libro abbia buon gioco a descrivere sentimenti, stati d’animo, gioie e dolori dei molteplici personaggi che affollano le pagine del libro “ La vita apparecchiata”. 
Così è stato per Laura di cui, durante il coma  per l’incidente subito, ha minuziosamente descritto il percorso della sua travagliata vita giovanile passato a subire le malevoli angherie di una madre snaturata e, meno, quelle di un padre, troppo poco affettuoso e solamente in poche circostanze, ma che comunque è rimasto nel ricordo di lei anche inconscio come un punto di riferimento se non altro per la ferita che la indifferenza nei suoi confronti, le ha provocato. Emblematico a questo proposito è la ricorrente visione del padre che però nei suoi riavvicinamenti immaginari continua a rifiutarla.
Laura dapprima, nella sua infanzia, accettava la sua situazione pensando che fosse naturale e comune a tutti quel percorso che lei stava vivendo pur rendendosi conto che per lei era già intriso di spigolature dolorose. Ma si trattava comunque di una bambina come le altre e che come le altre alle volte aveva dei brutti pensieri, così come intendeva il confessore nel brano che ora ascoltiamo.
Ma con il passare del tempo, non accettò più di vivere  quel tipo di vita che la madre avrebbe voluto indirizzare secondo i suoi disegni, e scattò la ribellione che in fondo è quella che da origine al titolo del libro.
Laura non accetta più la vita che la madre ha disegnato per lei e non ha più rispetto dei suoi consigli e dei suoi volgari sistemi di educazione che critica sempre più aspramente, ma soprattutto non accetta più il rapporto filiale e questo si incrina fino a cessare quasi di esistere. Possiamo cogliere questo aspetto in un punto significativo del libro in cui la madre rivela tutta la sua invadenza mortificando l’anima della ragazzina che, come succede per tutte le adolescenti aveva qualche piccolo innocente segreto che voleva tenere gelosamente riservato. La madre riesce a carpirle il suo segreto e Laura si sente offesa. “ fu allora, è scritto nel libro, che l’ormai vacillante senso di colpa per taluni comportamenti considerati mancanza di rispetto nei suoi confronti, venne definitivamente soffocato dalla furia ribelle di conquistare la mia autonomia violata”
Questa ribellione conferma un pessimo sistema educativo che un tempo imperava nelle case dei nostri avi in cui il destino dei figli, soprattutto quello delle figlie femmine era segnato dal volere dei genitori e da li non si poteva trasgredire. Sistema che forse poteva anche essere giustificato in tempi antichi dove i figli avevano una totale obbedienza nei confronti dei loro genitori e dove i matrimoni erano combinati da questi ultimi per questioni soprattutto economiche ma che oggi, fortunatamente può dirsi tramontato.
Il concetto di vita apparecchiata si estende poi a qualunque tipo di sistema di vita che venga predisposta senza o peggio contro la volontà del diretto interessato ed è presente in altri episodi del libro, anche molto crudeli come quello contenuto nel brano in cui un fratello ( un bravo fratello, diremo noi) va a riprendere la sorella al compimento della sua maggiore età dall’istituto in cui era ospitata, per trascinarla in una vita già decisa per lei, che è quella della prostituzione.
Un altro importante personaggio del libro è la madre di Laura che spicca soprattutto per la sua volgarità, il suo linguaggio povero e duro, la sua furbizia ignorante, il suo becero modo di insegnare alle proprie figlie il succo della vita femminile, con un disprezzo totale non solo dei loro sentimenti, soprattutto di quelli della più piccola, non voluta fin dalla nascita,  ma anche con il desiderio di fare del male al suo compagno di vita da lei denigrato e trattato alla stregua di uno sciocco utile solamente per le sue funzioni di maschio pagante, senza rendersi conto del male che così facendo provocava nell’animo della piccola Laura.
Il libro è ricco di episodi a volte toccanti, a volte ripugnanti e quasi incredibili nella loro cattiveria.
Ma vi è un altro personaggio che non appare molto in evidenza ma che è essenziale. Si tratta di Federico, il ragazzo prima amoroso, poi fidanzato, poi marito. Federico, secondo me, è uno dei più importanti personaggi che emergono dalla lettura e dalla comprensione del libro.
Laura non voleva la sua vita apparecchiata, ma da sola non avrebbe forse potuto realizzarsi in pieno se non avesse trovato lungo il suo camino Federico. Egli è stato per lei la fede che le è stata poco insegnata, la guida che l’ha sempre aiutata nei momenti difficili, la persona alla quale lei si è affidata sapendo di poter sempre contare su di lei nei momenti più difficili della sua esistenza come infatti è avvenuto. Il sentimento che la unisce a lui è fortissimo, è un legame che notano anche gli altri, anche i figli. E questo legame è la  loro forza che li ha aiutati nei momenti  disperati sin da quando erano piccoli e che , nell’età matura li ha pervasi della serenità ritrovata dopo tanti anni di buio, di infelicità, di dolore. Il libro è da questo punto di vista un inno all’amore, un invito a volersi bene, ad amarsi per trovare in quel sentimento a volte calpestato dall’odio, dalla ignoranza o dalla cattiveria umana il simbolo stesso della nostra vita.
Il libro è stato presentato a Sant’Andrea Frius, nel salone del Centro Sociale il 9 dicembre 2012