Paolo Maccioni:
Recensione del libro di Costanza di Leio “ La vita apparecchiata”
Iniziamo col dire che Laura, la protagonista del libro, o
meglio una delle protagoniste, è una assistente sociale. Sposata, con figli
ormai grandi e un marito magistrato.
Nel ritornare da un incontro con una sua vecchia amica, suora
Emanuela, con cui aveva condiviso il funerale triste di una loro conoscente
sfortunata, subisce un incidente che la costringe in coma su un letto
d’ospedale per un periodo di tempo indeterminato sospesa tra la vita e la
morte. In questo periodo di tempo, in un lungo altalenarsi di ricordi che le si
presentano alla mente confusa dal tremendo incidente subito, Laura ricostruisce
la sua vita. Prima infantile, poi di
signorinetta poi di fidanzata e infine
di sposa e madre.
Alla fine della degenza in ospedale, Laura con suo marito che
aveva ottenuto un incarico temporaneo a Palermo, decidono di trasferirsi in
Sicilia, ma qui il marito viene ucciso dalla criminalità locale e lei ritorna a
casa. Ascoltiamo dalla viva voce dell’autrice il brano che costituisce il
prologo del libro e in una sola frase riassume il succo del libro, quello cioè
che non si dovrebbe mai condizionare con la propria condotta quella dei propri
figli.
Certo non possiamo raccontarvi per intero la trama del libro
o leggervi tutti gli episodi in esso contenuti perché toglieremo a chi ancora
non lo ha letto il piacere di leggerlo e di scoprirlo pagina dopo pagina.
Perciò vorrei appuntare la vostra attenzione su un aspetto
importante che emerge dal libro ed è il modo di scrivere di Costanza di Leio,
come si firma la nostra amica Paola.
Notiamo infatti che essa ha una notevole facilità di
linguaggio ed è un linguaggio trascinante, a volte volutamente aspro e duro, ma
a volte dolcissimo e piacevolissimo. E questo ho già avuto occasione di dirlo
nel commentare il suo primo libro “ lontano nel tempo”.
Inoltre ha una forte capacità di trasporre sulla carta ciò
che osserva, così che certi insignificanti elementi ai quali ciascuno di noi
non da alcun peso, vengono invece da lei interpretati e fatti assurgere alla
dimensione di fatti importanti.
Ad esempio, leggiamo in un brano come un semplice percorso in
un mezzo pubblico affollato di gente, possa essere fonte di una miriade di
concetti espressi con parole semplici e garbate. E’ evidente perciò che, con
questa proprietà di linguaggio, l’autrice di questo libro abbia buon gioco a
descrivere sentimenti, stati d’animo, gioie e dolori dei molteplici personaggi
che affollano le pagine del libro “ La vita apparecchiata”.
Così è stato per Laura di cui, durante il coma per l’incidente subito, ha minuziosamente
descritto il percorso della sua travagliata vita giovanile passato a subire le
malevoli angherie di una madre snaturata e, meno, quelle di un padre, troppo
poco affettuoso e solamente in poche circostanze, ma che comunque è rimasto nel
ricordo di lei anche inconscio come un punto di riferimento se non altro per la
ferita che la indifferenza nei suoi confronti, le ha provocato. Emblematico a
questo proposito è la ricorrente visione del padre che però nei suoi
riavvicinamenti immaginari continua a rifiutarla.
Laura dapprima, nella sua infanzia, accettava la sua
situazione pensando che fosse naturale e comune a tutti quel percorso che lei
stava vivendo pur rendendosi conto che per lei era già intriso di spigolature
dolorose. Ma si trattava comunque di una bambina come le altre e che come le
altre alle volte aveva dei brutti pensieri, così come intendeva il confessore
nel brano che ora ascoltiamo.
Ma con il passare del tempo, non accettò più di vivere quel tipo di vita che la madre avrebbe voluto
indirizzare secondo i suoi disegni, e scattò la ribellione che in fondo è
quella che da origine al titolo del libro.
Laura non accetta più la vita che la madre ha disegnato per
lei e non ha più rispetto dei suoi consigli e dei suoi volgari sistemi di
educazione che critica sempre più aspramente, ma soprattutto non accetta più il
rapporto filiale e questo si incrina fino a cessare quasi di esistere. Possiamo
cogliere questo aspetto in un punto significativo del libro in cui la madre
rivela tutta la sua invadenza mortificando l’anima della ragazzina che, come
succede per tutte le adolescenti aveva qualche piccolo innocente segreto che
voleva tenere gelosamente riservato. La madre riesce a carpirle il suo segreto
e Laura si sente offesa. “ fu allora, è scritto nel libro, che l’ormai
vacillante senso di colpa per taluni comportamenti considerati mancanza di
rispetto nei suoi confronti, venne definitivamente soffocato dalla furia
ribelle di conquistare la mia autonomia violata”
Questa ribellione conferma un pessimo sistema educativo che
un tempo imperava nelle case dei nostri avi in cui il destino dei figli,
soprattutto quello delle figlie femmine era segnato dal volere dei genitori e
da li non si poteva trasgredire. Sistema che forse poteva anche essere
giustificato in tempi antichi dove i figli avevano una totale obbedienza nei
confronti dei loro genitori e dove i matrimoni erano combinati da questi ultimi
per questioni soprattutto economiche ma che oggi, fortunatamente può dirsi
tramontato.
Il concetto di vita apparecchiata si estende poi a qualunque
tipo di sistema di vita che venga predisposta senza o peggio contro la volontà
del diretto interessato ed è presente in altri episodi del libro, anche molto
crudeli come quello contenuto nel brano in cui un fratello ( un bravo fratello,
diremo noi) va a riprendere la sorella al compimento della sua maggiore età
dall’istituto in cui era ospitata, per trascinarla in una vita già decisa per
lei, che è quella della prostituzione.
Un altro importante personaggio del libro è la madre di Laura
che spicca soprattutto per la sua volgarità, il suo linguaggio povero e duro,
la sua furbizia ignorante, il suo becero modo di insegnare alle proprie figlie
il succo della vita femminile, con un disprezzo totale non solo dei loro
sentimenti, soprattutto di quelli della più piccola, non voluta fin dalla
nascita, ma anche con il desiderio di
fare del male al suo compagno di vita da lei denigrato e trattato alla stregua
di uno sciocco utile solamente per le sue funzioni di maschio pagante, senza
rendersi conto del male che così facendo provocava nell’animo della piccola
Laura.
Il libro è ricco di episodi a volte toccanti, a volte
ripugnanti e quasi incredibili nella loro cattiveria.
Ma vi è un altro personaggio che non appare molto in evidenza
ma che è essenziale. Si tratta di Federico, il ragazzo prima amoroso, poi
fidanzato, poi marito. Federico, secondo me, è uno dei più importanti personaggi
che emergono dalla lettura e dalla comprensione del libro.
Laura non voleva la sua vita apparecchiata, ma da sola non
avrebbe forse potuto realizzarsi in pieno se non avesse trovato lungo il suo
camino Federico. Egli è stato per lei la fede che le è stata poco insegnata, la
guida che l’ha sempre aiutata nei momenti difficili, la persona alla quale lei
si è affidata sapendo di poter sempre contare su di lei nei momenti più
difficili della sua esistenza come infatti è avvenuto. Il sentimento che la
unisce a lui è fortissimo, è un legame che notano anche gli altri, anche i
figli. E questo legame è la loro forza
che li ha aiutati nei momenti disperati
sin da quando erano piccoli e che , nell’età matura li ha pervasi della
serenità ritrovata dopo tanti anni di buio, di infelicità, di dolore. Il libro
è da questo punto di vista un inno all’amore, un invito a volersi bene, ad
amarsi per trovare in quel sentimento a volte calpestato dall’odio, dalla
ignoranza o dalla cattiveria umana il simbolo stesso della nostra vita.
Il libro è stato presentato a Sant’Andrea Frius, nel salone
del Centro Sociale il 9 dicembre 2012